LIMBRANAUTA

Il Funerale della Letteratura!

Categoria: Gold One

Hanno vinto,
Le nutrie.
Hanno vinto,
Le navi.
Panta rei, ziobello
Tanto paga
Panta Lone
Col tempo
Diceva Giorgione
Prima o poi
Le nutrie siamo noi


D/G

Scrivo, lo ammetto
Scrivo rime di getto
Senza troppo pensare
Tanto per parlare
Solo per dare luce
A quel ché di atroce
Che abbiamo dentro
E non ha voce
Che ti porti al lavoro
Ma chiudendolo fuoro
Diamante lucente
Utilizzabile: niente
Motore ribelle
Tanta schiuma tante bolle,
Immobile.
Labile.
Folle.
Ormai sei con me
Non me ne volere
Questo campo minato
Di parole salate
Non ha uscita
Solo molte entrate

21/07/2020 4.40 am

abbassare il volume dell`ego
almeno tre volte al dì
ascoltare la vita
bilanciare l’equazione
x – io uguale +io
fare la felicità degli altri
per essere felici
eseguire gli altri 9 comandi
per sopravvivere
e innamorarsi del mondo
control+forgive
alt+amailprossimotuo
come te esteso
per l’odio
fate cancel+control
quando un oggetto inamovibile
incontra una forza irrefrenabile
stare immobili nel paradosso
moltiplicare la teoria delle catastrofi
per l’orizzonte degli eventi evitabili

(d+g)

una poesia per i delfini
che avranno in eredità la terra
ma piena di plastica
spero nelle balene
e nel Tursiope Troncatus
nel globicefalo
e nello zio orango
noi qui abbiamo chiuso
per fallimento
e plastificazione di documenti
noi cenere alla cenere
noi plastica alla plastica
siamo stati lo sbaglio
Athaualpa, o qualche altro Dio,
ha già detto

“Descansate niño, che continuo io…”*

(D+G)

* per le utime 3 righe
Paolo Conte  “alle prese con una verde milonga”

 

Copy. Rimproveri

 

I bambini, quando li rimproveri
e non vogliono darti la soddisfazione
di vederli piangere, hai presente?

Eccomi, sono io, da vecchio,
davanti alle rose gialle. Ma non perché
io sono vecchio e loro sono gialle.

Non è così semplice.
Non è così facile. Mi rimproverano,
lo so. Sono quello che sono, rose gialle.

Copy. Grandi Libri su Venezia. Donna Leon, “Acqua Alta”

Soltanto in inglese, questo libro. Donna Leon ha la strana idea che i veneziani si preoccupino se qualche eccentrico parla male di loro. Non manca nessun cliché: l’ombra dei lampioni, le ombra che si chiavano i veneziani. C’è perfino Pavarotti. E poi Venezia di notte, le calli, La Biondina in Carriola, e naturalmente non possono mancare gli strammùrt. Donna Leon si muove con agilità, quando dondola sul pneumatico attaccato all’albero. La legnosità, la boiserie, l’impiallacciatura, il falso mogano, la fòrmica di questo libro sono inappuntabili: più che un libro è un comò. Donna Leon amava la nostra città, poi si è fatta la grana con i libri, ci è venuta in ciccìcoccò ed è andata a vivere in Svizzera. Un esempio raffinatissimo di sciacallaggio, di zanzara che vive con il sangue di altri. Ma ho come l’impressione che i veneziani siano abituati a questo tipo di trattamento.

metterò una virgola proprio qui,

a separare l’assenza
in un prima
e un dopo
animula parvula
di questa poesia vuota
da sola dovrai resistere

una goccia ha gonfiato
il foglio
qui
era pioggia
(cancellatura ha rimosso
un punto di domanda?)

(G)

Silenzio e cane

perdi il tuo tempo
ma fallo in silenzio
a cuccia
mentre la radio gracchia
ascolto i marziani
disturbare il tuo sonno

(D)

Una mosca

Una mosca

Sopra qualcosa

Che non voglio riconoscere

Si muove attenta

Dopo passerà al formaggio

Sopra al tuo tavolo

E agli stami 

Di quel fiore 

In attesa dell’ultimo amplesso

Con la sicurezza

Propria degli esseri

Che non hanno

Una filosofia del linguaggio

 

Grandi film 1 – Rochi

Il primo è un capolavoro assoluto, non ho mai capito come abbia potuto tirarlo fuori quel rintronato di Stanlione, secondo me l’ha fatto scrivere a uno studente e gli ha pagato un big one cheese. La storia in sè è semplice: anche lui è un rintronato, è fritto proprio, un pezzo di asbesto. Di sopra prende anche un fracasso di pugni però si innamora e diventa meglio di tutti. Ciononostante il film non è stupido come tutti gli altri dopo. Lui è più di bronzo della statua di Rochi, certo; è un portellone del Mose. Lui è secsi come un plinto, lei sembra un sanpiero impanato. Duttile come un traliccio, lui ha la stessa gamma espressiva di un pioppo e la gestualità di un parafango, l’emotività di una giacca di pelle, la capacità di empatia di un idrante. È flessibile come una dichiarazione di guerra. Però il film è un capolavoro assoluto.
È la profonda superficialità del protagonista a dare spessore alla trama peraltro esile, nella quale si leggono in filigrana le strazianti perplessità di una mente semplice. La totale mancanza di attitudine alla recitazione di Silvestro è un potente veicolo del pathos filmico.
Ci piace soprattutto ricordare la scena con loro al pattinaggio su ghiaccio, e la Adriana che si muove come se avesse i pattini di stucco, o quando il fratello di Adriana lancia il tacchino arrosto in giardino. Vertice, questa, di un surrealismo simbolista che pure permea ogni sequenza. Oppure quando, al negozio di animali, il cane Billo decide di aiutarlo andando ad abitare da lui.
Punto di forza sono i dialoghi sfrondati da ogni orpello linguistico, potenti nella loro cruda veracità fino all’autoironia, come nel dialogo tra Rochi e il vecchio allenatore: ”Sono stato bravo, e tu dovevi vedermi. E tu – rivolgendosi a un altro – tu dovevi vedermi anche tu”, o il tranciante ma affettuoso “vaffanculo Rochi sei un rompicoglioni” della ragazzina sboccata, in risposta alla paternale maldestra del Rochi Pigmalione. Punte espressive queste che portano lo spettatore ad un’indagine interiore tormentata e all’approfondimento dei cuba libre senza ghiaccio.
È solo grazie alla sua potente mancanza di interpretazione se questo è un capolavoro, se avesse saputo recitare avrebbe di certo appiattrritt…. appiatptt… ha vinto l’oscar come miglior attore non protagonista.